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mercoledì 28 maggio 2014

CARCERONNE, ovvero: “Se il detenuto non va a Carcassonne, Carcassonne va dal detenuto”


Prima dell’anno scorso, m’immaginavo che il carcere fosse un ambiente tipo questo:
 
 
L’anno scorso, mi venne offerto un lavoro come formatore per i detenuti del carcere di massima sicurezza di Novara, la “Casa Circondariale Novarani”. Questo luogo è noto per aver ospitato niente meno che Provenzano! Ho sempre sognato di trovare un legame fra Mafia e Giochi da tavolo.
Grazie alla fondazione “Arti e mestieri”, all’interno della struttura è presente una tipografia, gestita dai carcerati, che produce stampe professionali, locandine, flyer, e i biglietti del pullman della città. Il corso di formazione è adibito a far ottenere ai detenuti la qualifica professionale.
Io avrei dovuto introdurre gli allievi nel magico mondo di Illustrator.
Ammetto che da principio titubai: se mi fossi ritrovato circondato da omoni muscolosi con il tatuaggio a forma di ancora sulla spalla e con sguardo carognesco? E se mi avessero detto frasi tipo “Tu non mi vai a genio, nemmeno al mio amico vai a genio, io sono ricercato in 12 sistemi…” e cose così?
E invece devo dire che fin dal primo giorno tutti i miei pregiudizi svanirono in un batter d’occhio: incontrai persone disposte ad ascoltarti, incuriosite, con voglia di mettersi in gioco sui lavori proposti, ognuno di loro con la sua vita da raccontare, le sue sofferenze, la sua umanità. Persone che mi facevano sorgere questa domanda: “ma che ci fai tu qui?”. L’aspetto più difficile di questa esperienza è stato il contatto diretto con una brutta sofferenza: persone scoraggiate, disilluse, private della possibilità di poter “recuperare”. Costrette a soffrire nella noia e nel nulla.
Quindi, oltre al corso di grafica, cercai di portare a loro anche altri interessi e altre passioni, preparai delle lezioni sul cinema, sul design, insegnai le basi dei programmi di montaggio. Insomma, provai a dare a loro alcuni strumenti creativi, sperando che potessero in qualche modo, oltre che imparare il mestiere, acquisire strumenti e ridurre in qualche modo la “pena”.
Questo è il mio secondo anno di formazione. Come l’anno scorso, gli altri formatori hanno tentato di proporre un progetto che potesse unire i vari percorsi di studio, come il giornale del carcere, che è un’idea nobile, ma che non ha mai riscosso tanto successo.
Allora ho pensato:
“Un progetto crossmediale… nel quale possono mettere in pratica Illustrator per le grafiche… Indesign per impostare il regolamento… photoshop per la copertina… magari un videotutorial con Premiere!”. Eureka.
In questo mese, abbiamo quindi provato a sviluppare un progetto per la produzione di un gioco da tavolo in tutti i suoi step: per prima cosa è stato necessario introdurre il mondo del gioco da tavolo moderno e per l’occasione ho invitato il buon Mario Sacchi, in veste di Editore, membro attivo di svariate Ludoteche ed organizzatore di eventi ludici. Una lezione intensa e divertente, ben raccontata nel suo blog.
L’idea iniziale era di realizzare un gioco da zero, ma mancavano le basi.
Ho riflettuto su quali giochi potevano essere riproducibili facilmente all’interno della tipografia, sia in base ai materiali sia tenendo conto delle capacità acquisite dagli allievi, ed è venuto immediato pensare a Carcassonne. Dopo aver fatto provare il gioco abbiamo ragionato che si poteva personalizzare, se non nel Game Design, almeno nella veste grafica… basta con stupide città medioevali, monasteri e ambienti bucolici, volevamo la cruda realtà!
Ed ecco che le città sono state sostituite da:
 

 
 
 
 
 
 
 
  
 
 
I monasteri non potevano che essere un importante luogo per i detenuti, la sala colloquio:

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Diciamo che un buon carcere dovrebbe avere tantissime aree dedicate all’aria!:

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
E il titolo, beh, Carceronne… c’è da aggiungere altro?
Dopo aver fatto le grafiche abbiamo montato il tutto su cartoncini, ritagliato e poi, ovviamente, collaudato. Per l’occasione devo ringraziare Marco Valtriani, che mi ha dedicato un popo’ di tempo al telefono a sostenermi nel progetto e a darmi consigli sulla fase 2, la realizzazione di un vero e proprio gioco inventato dai detenuti (Marco, non me ne volere, ma forse il tutto è rimandato all’anno prossimo, sniff!).
Ora stiamo sviluppando il resto delle grafiche e stiamo montando una simpatica animazione di spiegazione. Con gli altri insegnanti, gli allievi imposteranno il resto dei materiali, dal regolamento alla scatola, alla stampa professionale.
Alla fine della giornata con Mario Sacchi, in cui erano presenti anche gli altri insegnanti, un po’ per scherzo e un po’ seriamente, è saltata fuori l’ipotesi di organizzare delle serate ludiche nello spazio dedicato al volontariato con i carcerati. Io sinceramente ci ho fatto un serio pensierino, chissà che ne parlerò in un prossimo articolo. Per ora mi accontento di immaginarmi con soddisfazione tornei di Carceronne nelle celle della Casa Circondariale Novarani.
“Chi minchia ha messo questo puzzillo sul mio campo, aaah?”
 
 
Benedetto

 

2 commenti:

  1. Voglio giocare a carceronne! Che bello che qualcuno pensi ai detenuti!

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  2. E' bello soprattutto sapere che il gioco può fare molto per sollevar loro il morale! Chissà che non si riesca davvero ad organizzare anche serate di ludoteca all'interno del carcere! :)

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